“La congiura dei peggiori” – A. Scanzi

Chi segue assiduamente Andrea Scanzi sui social non troverà in questo libro quasi nulla di nuovo. Infatti, tra i ritagli di articoli pubblicati sul “Fatto Quotidiano” e i rimaneggiamenti di post scritti su Facebook, “La congiura dei peggiori” è un libro che sa un po’ di già letto. Questa ripetitività ha un lato positivo e uno negativo. Partiamo dal primo.

Il libro raccoglie diversi ritratti dei peggiori politici e giornalisti italiani (e non solo). Una galleria degli orrori che incarna, come dice Scanzi, “tutto quello che la politica e il giornalismo non dovrebbero essere” e che rischia, se non debitamente denunciata, di diventare norma.

Letto tenendo bene a mente questo obiettivo, allora “La congiura dei peggiori” è un libro perfetto, proprio per la sua ripetitività. Scanzi smaschera una volta di più i “peggiori”, ne ribadisce le colpe, con il suo stile estremamente tagliente e incisivo, efficacissimo nella forma breve dei ritratti che animano il libro. Si potrebbe anche aggiungere che il lavoro di ‘smantellamento’ compiuto da Scanzi nei confronti di certa destra sia molto più fruttuoso (e, a volte, indispensabile) di quello svolto non solo dalle forze di opposizione, ma anche più in generale dalla classe dirigente, che è anzi spesso assente.

Il limite del libro di Scanzi è il suo stesso punto di forza, cioè la ripetitività. Quasi come fosse l’altro lato della stessa medaglia. Tuttavia, questo lato negativo vale solo per chi già conosce Scanzi, cioè per chi legge con una certa regolarità quanto scrive sul giornale e sui social.

Scanzi reitera, infatti, una formula di successo ben collaudata (con Il cazzaro verde dell’ottobre del 2019 e con I cazzari del virus uscito a giugno dello scorso anno): riprendere brani già scritti e pubblicati, rivederli e inserirli all’interno di una nuova e più ampia cornice. Con queste premesse, il senso di déjà-vu quando si legge il suo libro è inevitabile.

Ad Andrea Scanzi il coraggio non manca. Non ha mai esitato nel gettarsi all’interno dell’agone politico o nel prendere posizione anche nei confronti di realtà scomode. Ogni volta con una grande onestà intellettuale, qualità che da sempre lo contraddistingue. Ciò che sembra mancargli in questi ultimi mesi è il coraggio “artistico”, cioè la voglia di osare qualcosa di diverso dal punto di vista letterario, di sperimentare nuovi percorsi, lontani da quelli già proficuamente sfruttati della politica.

Insomma, sarebbe una grave perdita se Scanzi, preso dall’onda della popolarità acquisita nell’ultimo anno, ne rimanesse travolto.

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