“La vita è un ballo fuori tempo” – A. Scanzi

Io non sono un critico e questa non è una recensione. Mi sono semplicemente seduto al (non metaforico) tavolino e ho spremuto con (non metaforica) difficoltà alcuni pensieri circa il primo romanzo di Andrea Scanzi, La vita è un ballo fuori tempo (2015). Poiché non sono un critico e questa non è una recensione, scriverò nella maniera più parziale possibile e lo farò partendo da cinque citazioni.

Non è un complesso di superiorità, è un fatto oggettivo. Berlusconi ha una caratura imparagonabile.

Silvio Berlusconi, su se stesso

Se c’è qualcuno che mi ricorda la mitezza di Gandhi, quello è il signor Berlusconi.

Ancora Berlusconi, ancora su se stesso

B. non c’entra niente con La vita è un ballo fuori tempo (in realtà c’entra nella misura in cui la sua traiettoria ha incrociato quella di Andrea, e di tutti gli italiani). Mi pareva comunque simpatico iniziare così, per solleticare l’attenzione di chi legge. Ho pensato non ci fosse viatico migliore che farsi due risate insieme.

La politica è una pietra al collo della letteratura.

Stendhal, Il rosso e il nero

Sono sicuro che Andrea abbia letto Il rosso e il nero. Non so però se ricordi questa frase. In ogni caso, sembra aver seguito l’ammonizione di Stendhal. A suo modo almeno. Sì, a suo modo, perché in realtà La vita è un ballo fuori tempo è intriso di politica. Andrea però non la affronta di petto, ma attraverso la satira; e finora nulla di eccezionale, dato che la satira esisteva anche ai tempi di Stendhal. Cos’è cambiato allora? Rispetto ai tempi di Stendhal è cambiato questo: oggi la satira sembra essere (forse è) l’unico accesso alla politica, almeno per chi guarda da fuori (cioè per chi non fa il politico di mestiere) e desidera mantenere una certa salute mentale. E va bene, tutto molto bello. Ma cosa rende così viva e vitale la satira politica di Andrea? Due cose. Primo, fare satira è difficile, perché richiede profonde capacità di lettura critica del presente. Secondo, fare una satira che vada oltre il semplice sberleffo e anzi sia intelligente e parli al lettore/spettatore è doppiamente difficile. Andrea però è riuscito a fare questo tipo di satira. Nel suo romanzo, infatti, crea un governo farlocco (dietro alle cui figure non è però arduo intravedere politici più o meno contemporanei) e lo rende volutamente ridicolo. E tuttavia fa di questo governo farlocco il veicolo di un monito, che riguarda il potere della retorica, la sua capacità di illudere e sedurre. Monito, oggi, valido come mai.

Il problema per me non è costruire una trama, ma trovare il tono del racconto, narrare con un ritmo, incontrare un respiro linguistico.

Ricardo Piglia, intervista del 1985, raccolta in Critica e finzione

Più avanti, Piglia aggiunge che il ritmo che cerca prima ancora di costruire i suoi racconti o i suoi romanzi non riguarda lo stile, ma è qualcosa di indefinibile che scorre tra le parole. Una specie di elettricità, potremmo banalizzare. Questa elettricità balza all’occhio immediatamente nel romanzo di Andrea, fin dal primo dialogo. C’è un ritmo forsennato nelle sue battute, specialmente nelle ‘sticomitie’. Tanto che a volte sei travolto da quest’onda di scambi caustici tra i personaggi a tal punto che, arrivato alla fine di un dialogo (uno qualsiasi: sono quasi tutti serratissimi), devi tornare indietro e rileggere, perché alla prima lettura l’occhio è scivolato via, scappato, aizzato dalla rapida freschezza del palleggio, dal suo essere così dannatamente corrosivo.

A great wall of darkness moves towards him. He can see it coming, vast and imperious. It is unconsciousness and it is sleep. It moves like a great tidal wave but before it brakes over him and he is away, before he renders himself completely to that oblivious sleep, he thinks, with a sudden, terrible, bottomless dread, of Avril Lavigne’s vagina.

Nick Cave, La morte di Bunny Munro

Ok, forse questa citazione è esagerata. Non ho sotto mano in questo momento il bel romanzo di Nick Cave, quindi non posso controllare. Però c’è – questo lo ricordo bene – una dannata vitalità, quasi un flusso di pazzia che percorre ogni pagina de La morte di Bunny Munro. Il romanzo di Andrea suscita sensazioni simili. C’è la stessa allucinata follia in La vita è un ballo fuori tempo: non solo nei dialoghi, ma anche più generalmente nelle situazioni rappresentate (surreali, al limite dell’incredibile) e nei personaggi (insomma, il fatto che il cuore pulsante del romanzo sia incarnato da un gruppo di rivoluzionari comunisti ultra-ottantenni dovrebbe dire molto e sul disilluso pessimismo di Andrea e soprattutto su quanto sia allucinato il suo libro). Forse è, ancora una volta, questione di elettricità: da un musicista come Cave e un musicofilo come Andrea non ci si può aspettare che un ritmo molto simile.

Ogni lettore, quando legge, legge se stesso.

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto

E ogni scrittore, quando scrive, scrive se stesso. Andrea Scanzi lo fa. Basta conoscerlo appena (guardando, ad esempio, la lezione che ha tenuto alla Holden di Torino: si trova integrale su youtube) per riconoscerlo in ogni pagina del romanzo. Dalla sua musica (Cooder, Clapton) ai suoi libri (Montalbán, Fenoglio), fino alle sue passioni (il vino su tutte) e addirittura perversioni: Andrea non nasconde nulla. O meglio, si nasconde dietro al romanzesco. Ma il romanzesco qui è un velo semi-trasparente, tanto che si potrebbe coniare la formula nonsense di romanzesco autobiografico. La domanda allora viene spontanea: chi è il suo alter-ego nel romanzo? La risposta più immediata (e forse più corretta) è Stevie, il giornalista disilluso e pessimista protagonista della storia. Credo tuttavia che Andrea abbia messo – più o meno coscientemente – una parte di sé all’interno di molti personaggi (Vaiana e Sandro, ad esempio, ma anche il giovane Rayban Seganti). E una delle cose belle del romanzo è proprio riconoscere gli aspetti autobiografici nei caratteri dei personaggi fittizi.

La vita è un ballo fuori tempo, Clarabelle.

Andrea Scanzi, La vita è un ballo fuori tempo

Andrea, forse hai ragione. Forse la vita è veramente un ballo fuori tempo. Ma, in fondo, non sono questi i balli migliori? In ogni caso, ballare con te è stato un piacere.

Post Scriptum.
Sì, lo so. Vedo bene che le citazioni sono sei (anzi sette, visto che la prima è doppia) e non cinque, come scritto all’inizio. Ma vogliamo veramente contare B.?

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