“Il maestro e Margherita” – M. Bulgàkov

Non ho letto quasi nulla della grande letteratura russa. Per evidenti ragioni di peso storico-culturale e letterario, ma anche fisico, per la corposità dei suoi capolavori, ho sempre preferito rinviare l’approccio ai classici russi a momenti di calma estiva, quando uno si può dedicare senza troppi patemi ad un unico libro per diverse settimane consecutive. Ma poi l’estate arriva, i libri si accumulano e fanno maggior gola quelli brevi o degli autori che conosci. E i russi rimangono lì a prendere polvere, anno dopo anno.

Complici lunghi spostamenti per lavoro nelle scorse settimane ho “audioletto” un russo. È successo per caso: seduto in macchina al momento della scelta, le playlist di Spotify di audiolibri in italiano hanno saputo offrirmi solo quello. ‘Quello’ è Il maestro e Margherita di Michail Afanas’evič Bulgakov. Un capolavoro.

La storia è troppo strana da raccontare. Non siamo dalle parti del magnifico affresco realista di un Tolstoj o dell’indagine psicologica di un Dostoevskij. Bulgakov è semplicemente dalle sue parti, gioca in un campionato a sé, ma non meno importante. La cosa stupefacente del Maestro e Margherita, oltre all’incredibile capacità dell’autore di narrare, è l’intreccio di storie e di personaggi che porta avanti e l’inventiva con cui le prime e i secondi vengono mescolati. Bulgakov si muove su diversi piani temporali e riesce a dare vita a narrazioni all’interno di altre narrazioni, gestendole tutte magnificamente. Non c’è un solo dettaglio fuori posto, un solo personaggio dimenticato.

Soprattutto, non c’è moralismo. Alcuni personaggi si scontrano con la morale “tradizionale” (specie se si considera che il romanzo è stato scritto negli anni Trenta del Novecento), ma non c’è giudizio nei loro confronti perché la loro “immoralità” mira a un fine più alto e più nobile. Anzi, tutti quelli che si appellano a una fantomatica decenza sono i personaggi trattati peggio da Bulgakov, che vuole proprio ridicolizzare le maschere delle convenzioni sociali e il presunto buoncostume.

Ciò che resta sono personaggi icastici ed efficacissimi, una narrazione sorprendente e un lirismo con (non mi viene in mente un’espressione migliore) i piedi ben piantati a terra – sia dal punto di vista stilistico-linguistico sia da quello contenutistico – che rende la lettura (o l’audio-lettura) di questo romanzo un viaggio speciale e straordinario.

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