“Memorie del sottosuolo” – F. Dostoevkij

Questo libro è il male. Non nel senso che sia brutto o scritto male. Tutt’altro. Questo libro è il male perché rappresenta in modo semplice e concreto la malvagità dell’uomo. Quella malvagità subdola e banale che consiste nel vedere il mondo solo attraverso le lenti distorte del proprio ego. Dostoevkij è magistrale nel tratteggiare il carattere del protagonista, il cui flusso interiore riempie le pagine di questo romanzo. Un flusso interiore che non è né sfogo né confessione né tentativo di redenzione: è un vomitare odio e rabbia. Ecco. Leggere queste pagine è come assistere a una persona che vomita, con la differenza che non si intravvede una fine a questo fluire di malignità.

Cos’è il male che descrive Dostoevkij? Questo male è debolezza. Non debolezza fisica o fragilità psicologica (cosa ci sarebbe di male in questo?), ma debolezza di volontà. Il protagonista è incapace di prendere una decisione e di controllare se stesso. L’indecisione permea ogni suo momento in un continuo ondeggiare emotivo: i piccoli afflati di nobiltà (“il bello e sublime”) vengono spesso sommersi da paura, rabbia e invidia.

Questo male è dissociazione. Dissociazione nel senso di incapacità di accettare la propria realtà e la propria condizione. Il protagonista ha bisogno di costruirsi un mondo alternativo nella propria testa, un mondo in cui è in grado di dominare gli altri e di essere invidiato. Buona parte della sua sofferenza è un vortice autoinflitto di contrasti tra realtà e immaginazione.

Questo male è razionalità. Il flusso di coscienza del romanzo è una corrente ininterrotta di autoanalisi: il protagonista cerca continuamente di spiegarsi ogni cosa e di razionalizzare ogni propria emozione e pensiero. Se C.S. Lewis sosteneva che la follia non è altro che eccesso di razionalità, questo romanzo di Dostoevkij ne è la prova più tangibile.

Questo male è evitabile. Sbaglierebbe chi vedesse nella malvagità del protagonista la naturale reazione alla sua sofferenza. E sbaglierebbe chi considerasse la sua condizione come conseguenza inevitabile del “sottosuolo”. Il romanzo di Dostoevkij è il male, ma mostra anche la strada verso il bene. Tutti noi siamo (chi più chi meno) invischiati nel sottosuolo dell’umanità: dolore, delusioni, rifiuti, invidie e frustrazioni sono realtà con cui dobbiamo tutti fare i conti. Eppure ognuno di noi ha la libertà di scegliere come reagire di fronte a questa realtà, se aprirsi all’altro o chiudersi in se stessi. Dostoevkij ci mostra quali sono le conseguenze di questa scelta.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.