“Anna di Ingleside” – L.M. Montgomery

La cosa straordinaria è la capacità di questa saga di cambiare in modo radicale di volume in volume, pur restando sempre uguale. Da Anna bambina, ad Anna studentessa, ad Anna insegnante, ad Anna moglie, ad Anna madre. Ogni volume ha una sua identità ben precisa e dei personaggi completamente nuovi, eppure si respira la stessa aria.

In questo risiede il grande realismo della saga. Ogni vita ha le sue stagioni e le sue persone. Conservare invariate il medesimo contesto e i medesimi personaggi non sarebbe realistico. Certo, qualcuno resta (il nucleo ristretto di Anna), ma ogni volume coincide con una fase della vita della protagonista e di conseguenza ha nuove avventure e nuovi visi.

Ingleside è la grande casa in cui Anna, ormai mamma di una nidiata di bambini, si trasferisce con il marito Gilbert. Le avventure spensierate dell’infanzia, le vicissitudini della giovinezza e la semplice freschezza della luna di miele lasciano il posto alle concrete necessità di una famiglia. Solo in un mondo un po’ distorto come il nostro, è possibile pensare che la vita domestica sia un ripiego, qualcosa di noioso o addirittura un ostacolo che impedisce di “vivere” davvero.

L’esperienza di Anna, sempre così concreta e magica al tempo stesso, fa respirare un’aria familiare diversa, in cui i legami, le responsabilità e i doveri del mandare avanti una famiglia, sono conditi da quella serenità e magia propria dell’amore. Grazie all’amore reciproco, le piccole vicissitudini quotidiane si trasformano in avventure che riempiono l’anima e scaldano il cuore. Allora non è fuori luogo parlare di epica familiare, perché niente come la vita domestica autentica merita di essere cantata come un’impresa eroica. La più importante.

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