“Decameron: prima novella della prima giornata” – G. Boccaccio

Il Decameron è l’opera più celebre di Giovanni Boccaccio e una delle più importanti della letteratura italiana. Scritto nel XIV secolo – probabilmente tra il 1349 e il 1351-53 – raccoglie cento novelle, suddivise in dieci giornate. Boccaccio offre uno spaccato della società dell’epoca, unendo i valori dell’aristocrazia (come l’amor cortese) a quelli del ceto mercantile (come l’astuzia). Il libro racconta di dieci giovani che si ritirano in una tenuta di campagna poco lontano da Firenze per sfuggire dalla peste nera, che si sta diffondendo in tutta Europa. Per non annoiarsi, decidono di raccontare delle novelle, spesso di taglio umoristico e a sfondo erotico o ironico nei confronti delle istituzioni dell’epoca: per questo il Decameron fu a lungo censurato.

La novella d’apertura del Decameron viene raccontata da Panfilo e ha come protagonista Ser Ciappelletto. Sebbene il tema della prima giornata sia libero, è possibile riconoscere un filo conduttore che lega queste novelle: la corruzione dei potenti. Infatti, ser Ciappelletto (era un notaio, di qui l’appellativo di ser, realmente esistito ai tempi di Boccaccio secondo gli ultimi studi) incarna tutti i vizi e i difetti dell’uomo. La figura, descritta come disgustosa e abbietta, permette a Boccaccio di sfoggiare la propria ironia, spesso esagerando con iperboli (per esempio, ser Ciappelletto presentato come “l’uomo più malvagio mai nato”), una figura retorica molto usata nel Decameron. Sempre seguendo la linea ironica di Boccaccio, il protagonista della prima novella si vergogna della propria onestà, e mai delle truffe compiute.

Veniamo alla trama. Un giorno, mentre è ospite da due mercanti poco lontano da Firenze, Ciappelletto ha un malore e capisce di essere vicino alla morte. Non ha mai frequentato la chiesa e non ha nemmeno ricevuto un sacramento, per cui i due mercanti non sanno che fare: chiamare un prete è fuori discussione, perché non lo avrebbe mai perdonato per tutte le truffe commesse in vita. Sentito il discorso dei due mercanti, tuttavia Ciappelletto chiede di vedere un prete per confessarsi. Quando questo arriva, non confessa le proprie malefatte, ma gli racconta di aver vissuto una vita all’insegna della giustizia e della religiosità. Le abilità retoriche sono tali da garantirgli non solo una sepoltura, ma anche un culto post-mortem dal frate che ne celebra le esequie. Come molti altri personaggi boccacciani, anche Ciappelletto riesce a uscire da una situazione difficile usando ingegno e inganno. Nella prima novella è quindi già prefigurato uno dei temi cardine del Decameron: la fortuna e l’ingegno umani intesi come capacità di cogliere un’occasione.

Ecco a questo link o qui sotto una delle migliori edizioni commentate del Decameron.

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