“Per chi suona la campana” – E. Hemingway

Per chi suona la campana è un capolavoro. Capisco che cominciare una recensione in questo modo lede la pretesa di oggettività che dovrebbe stare alla base di ogni riflessione di questo tipo. Ma non importa. Credo che la chiarezza di intenti sia fondamentale in ogni espressione umana. Quindi, Per chi suona la campana è un capolavoro.

La cosa che lascia maggiormente allibiti è lo iato così grande tra forma e contenuto. Hemingway racconta la storia di un soldato americano che ha l’ordine di far saltare un ponte durante la guerra civile spagnola. La vicenda raccontata occupa non più di quattro giorni, ma Hemingway si prende tutto il tempo necessario per “sviscerarla” con minuzia, scrivendo pagine intere legate alla quotidianità dei partigiani spagnoli, al loro passato “civile”, a vecchie azioni militari. Accompagna a tutto questo lunghe riflessioni sulla guerra, sui rapporti umani, sul senso di una umanità costretta a vivere all’estremo. E poi, ovviamente, c’è l’azione: i preparativi della battaglia, la strategia, il posizionamento delle cariche di dinamite, i contrattempi, la difesa fascista…

Il racconto segue una spirale climatica che fa sì che le ultime duecento pagine siano praticamente irresistibili. Il lettore fatica a staccarsi dal libro e l’occhio corre dietro alle parole più di quanto la mente riesca a fare, tanto da essere costretto a tornare indietro e rileggere. Questa corsa adrenalinica contrasta con la pacatezza del linguaggio usato, con l’essenzialità delle parole scelte: ogni frase è misurata e limata, ogni parola centellinata perfettamente. Sembra che l’obiettivo di Hemingway sia quello di dire quel che vuol dire con il minor numero di parole possibile. Quasi fosse un esercizio da scuola di scrittura.

Questa dicotomia tra forma e contenuto fa sì che il romanzo sia un capolavoro. Perché si respira la tensione e lo sforzo di uno scrittore che non si limita a raccontare (bene) una bella storia, ma che porta contemporaneamente avanti una riflessione stilistica che vuole suggerire una riforma, un nuovo modello di scrittura. E gli scrittori in grado di farlo si contano sulle dita di una mano.

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