“Origin” – D. Brown

Origin è un romanzo davvero affascinante, fin dalla premessa. Il futurologo Edmond Kirsch ha fatto una scoperta sensazionale. Sa cioè rispondere a due domande che definisce primarie per l’umanità, e da sempre oggetto di ricerche e riflessioni: da dove veniamo e dove andiamo. Ricerche e riflessioni che hanno portato, in estrema sintesi, alla plastica contrapposizione tra scienza e fede, tra evoluzionismo e creazionismo.

Già solo questo vale – come si suol dire – il prezzo del biglietto. Dan Brown è uno scrittore coraggioso. È facile pensare, mentre si leggono le prime pagine, che la misteriosa scoperta di Kirsch (misteriosa perché, ovviamente, rischia di andare perduta ancor prima di poter essere rivelata: di qui poi prende avvio il romanzo) possa rivelarsi un MacGuffin, cioè un espediente narrativo usato per portare avanti una linea narrativa. Si tratta di un oggetto misterioso attorno al quale si svolge tutta una storia e che non viene mai effettivamente svelato. Tipo il contenuto della valigetta in Pulp Fiction.
Insomma, Dan Brown ce la smazza tanto con la risposta a quelle due domande fondamentali, ma il sospetto è che sia solo un trucco per muovere i suoi personaggi, senza arrivare mai alla risposta.

Invece, Dan Brown è uno scrittore coraggioso. Ce la smazza per tutto il romanzo con la risposta a quelle due domande fondamentali, ma non è un semplice indizio per la caccia al tesoro che racconta. No, la risposta alla fine c’è. E qui inizia la “seconda parte” del romanzo, ancor più affascinante. Uso il virgolettato, perché in realtà il romanzo finisce. La “seconda parte” è il seme che Dan Brown ha lasciato nel lettore, cioè l’insieme di riflessioni che la scoperta di Kirsch non può non generare.

Da dove veniamo?
E dove andiamo?

Lasciano quasi un senso di profonda vertigine, al di là della risposta che ognuno di noi può dare. Interrogarsi sul senso delle cose, e tra queste l’essere umano, non è uno sterile esercizio di supposizioni. Vuol dire cercare di prendere coscienza di noi stessi, del nostro posto nel mondo e tra le altre specie viventi. Vuol dire fare i conti anche con una dimensione spirituale o mistica (in una parola: con l’invisibile) che non ha per forza a che fare con una fede religiosa, ma i cui riflessi sulla strada che gli esseri umani hanno finora percorso sono comunque innegabili.

Si potrà non essere d’accordo con le conclusioni di Dan Brown. Sono convinto che l’autore statunitense non volesse dare una risposta definitiva a quei quesiti, né tanto meno sminuire le fondamenta della religione o le scoperte scientifiche. Ma bisogna riconoscere a Origin il merito di aver saputo solleticare il nostro io più profondo.

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