È raro che un saggio accademico sia piacevole da leggere. Se si è interessati a un argomento, allora il saggio in questione può essere, appunto, interessante o coinvolgente o stimolante; è difficile però che sia piacevole, perché richiede tanto (a livello di sforzo intellettuale) e dà poco (quanto a soddisfazione estetica). La piacevolezza, invece, è una delle cose che contraddistinguono Le alternative non esistono di Claudio Giunta, professore di letteratura italiana presso l’università di Trento. Questo saggio, infatti, è un saggio “a bassa intensità narrativa” (per riprendere una definizione dello stesso Giunta) e unisce spesso riflessioni intelligenti a spunti divertenti e più personali.

Parte del merito va anche al soggetto del saggio: Tommaso Labranca, uno dei personaggi meno noti e più interessanti della cultura italiana dei tempi recenti. È probabile che, come il sottoscritto, non abbiate mai sentito parlare di lui e questo non deve sorprendere: Labranca, infatti, è per diversi motivi una delle persone meno adatte al panorama “intellettuale” italiano. In primo luogo, Labranca non si è mai occupato della cosiddetta cultura “alta”, ma ha fatto del trash e del pop i suoi ambiti privilegiati di interesse (e ha dimostrato che anche qui si possono dire cose intelligenti). In secondo luogo, ha sempre rigettato il velo di retorica che avvolge la cultura italiana (quella che Labranca preferiva chiamare “cialtronismo”). Infine, Labranca non è mai stato ideologico (o, meglio, ha sempre evitato di identificarsi con uno specifico schieramento politico) e in un paese in cui, non solo gli intellettuali, ma anche gli pseudo-intellettuali devono essere impegnati questo non aiuta.

Insomma, il saggio di Giunta è una buona occasione per conoscere questo (vero) intellettuale e, intanto, leggere un saggio ben scritto e imparare qualcosa di più sulla cultura italiana dagli anni Novanta a oggi, quella cultura che molto spesso non si trova sui libri.

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