“Laico” – G. Civati

Per rovesciare una famosa frase pronunciata nel Cavaliere oscuro, Pippo Civati è il politico di cui l’Italia ha bisogno, ma non quello che merita. Smessi (smessi?) quindi i panni della politica (leggete il suo bel libro Una magnifica posizione, in cui lo racconta), Civati si è reinventato editore e scrittore, anche se scrittore lo era già. Non uno scrittore qualunque, di quelli ancora un po’ intrallazzati con la politica e a cui basta appiccicare il nome in copertina per stravendere un libro di cui a malapena conoscono il titolo. No, Pippo Civati è anche uno scrittore (e un editore) vero, serio. Uno scrittore – per usare un termine che mi hanno insegnato al corso di Critica letteraria – con i controcazzi.

Un paio di mesi fa Pippo Civati ci ha regalato Laico, un piccolo libro (“un segnalibro”, scrive nell’avvertenza) grande grande. In occasione del 150esimo anniversario della Breccia di Porta Pia, Civati ci ricorda l’importanza della laicità, in un Paese che spesso lo dimentica. È già tutto scritto perfettamente nelle prime righe del libro: “A esser laici si guadagna in felicità e in benessere, individuale e collettivo”. Infatti “essere laico significa consentire a tutti di esprimersi”, senza pregiudizi, senza proiettare le proprie convinzioni sulla vita degli altri.

Civati disegna un percorso ideale attraverso alcune questioni che in Italia rimangono incredibilmente (e, in certi casi, dolorosamente) aperte e insolute: il rapporto tra Stato e Chiesa, le diseguaglianze di genere, i diritti umani. Lo fa evidenziando tappe e mettendo a fuoco personalità fondamentali della cultura italiana, rileggendo quelle “pagine di laicità” che oggi sono state scordate: da Machiavelli e Giordano Bruno fino a Norberto Bobbio e Stefano Rodotà.

Una riflessione politica utile e schietta. Un saggio scritto così come dovrebbero essere scritti tutti i saggi: in maniera limpida e lineare. Un vademecum della vita civile (e privata).
Da leggere – e far leggere – assolutamente.

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