“Janis” – H. George-Warren

Mi trovo molto in difficoltà a scrivere di Janis Joplin. Non per mancanza di informazioni, ma per un senso di vicinanza caratteriale che negli introversi contribuisce ad alimentare il pudore e la ritrosia, perché parlare di quella persona – quella con cui si sente una particolare sintonia d’animo – significa parlare un po’ anche di se stessi, aprire uno squarcio anche nella propria intimità. E questa è una prima difficoltà. Un’altra sta nell’afferrare Janis, nel capirla. O meglio, sta nell’accettare ciò che si capisce benissimo, cioè che non esiste contraddizione tra la fama planetaria che lei ha conosciuto e un bisogno molto più intimo e personale di essere accettata come persona, tra l’amore e i riconoscimenti che riceveva da migliaia di fan e addetti ai lavori e la profonda malinconia e fragilità della sua anima. Lo riconosce lei stessa perfettamente in una frase di sconvolgente icasticità: “Sul palco faccio l’amore con venticinquemila persone, poi torno a casa, sola”.

Janis Joplin è stata una sacco di cose diverse per un sacco di persone diverse per un sacco di motivi diversi: sorella, amica, amante, regina, confidente, martello pneumatico, fuoco inestinguibile, scudo, genio. Prima di tutto è stata, semplicemente, Janis. La prima popstar femminile della storia, la voce blues più importante di sempre, la prima donna a farsi strada in un’industria maschile e maschilista. Una donna – per citare la quarta di copertina – che ha cambiato le regole del gioco. Direi di più: una donna che ha inventato il gioco. Vederla dal vivo (e su questo le testimonianze sono concordi) era unico, sconvolgente, un’esperienza che andava al di là di qualsiasi immaginazione.

La biografia di Holly George-Warren è ricchissima. Lascia quasi sconcertati per il dettaglio e la specificità del suo racconto. Il lettore entra nelle pieghe della vita di Janis Joplin grazie alla ricostruzione degli eventi, ma anche per mezzo del profilo psicologico che l’autrice è in grado di tratteggiare. Questa trattazione – che avvicina Janis a un romanzo – permette di comprendere veramente chi era Janis Joplin. Per esempio, il motivo che la spinse al consumo massiccio di alcol e droghe, fatto spesso derubricato al semplicistico “eh, la vita da rockstar”. Ha vissuto una vita al massimo grado – tre, quattro, dieci vite in 27 anni – per colmare un vuoto interiore che più di ogni altra cosa le causava sofferenza. Il merito di George-Warren e del suo Janis è quello di ricordarlo di continuo. In questo modo, attraverso questa manifesta fragilità, Janis Joplin può diventare – se possibile – ancora più grande.

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