“Il pianeta irritabile” – P. Volponi

Nel 1978 Paolo Volponi decide di fare una cosa che nessuno in Italia prima di lui – e ben pochi in Italia dopo di lui – aveva fatto: scrivere una distopia, Il pianeta irritabile. Ma siccome frequentare un genere sconosciuto in Italia sembra poco, Volponi pensa anche di rendere per protagonisti del suo libro quattro caratteri assurdi: una scimmia, un nano, un’oca e un elefante parlante. Sono quattro personaggi di un circo sopravvissuti a una devastazione atomica che nel 2200 e qualcosa partono alla ricerca di una nuova possibilità di esistenza, di una nuova terra promessa in un mondo in cui la natura ha ripreso il sopravvento sull’umanità. Si tratta insomma di una “distopia ambientalista”, inserita all’interno del filone assai poco frequentato in Italia della climate-fiction (o cli-fi). Scopo del genere è quello di immaginare come sarebbe il mondo – e quale il ruolo dell’uomo in esso – a seguito di sconvolgimenti ambientali e climatici.

I quattro protagonisti – a volte simili a Cavalieri dell’Apocalisse, a volte a un’Armata Brancaleone – formano una micro-comunità in cui fin da subito le gerarchie sono definite; una comunità che riproduce in miniatura gli stessi elementi negativi che Volponi ravvisa nella società in cui lui vive, la società italiana degli anni Settanta. La critica che vuole quindi muovere attraverso questa distopia ha come bersaglio proprio la sua contemporaneità e il suo nuovo dio economico e consumista che agli occhi dell’autore non può che condurre a una catastrofe. Non è un caso che la parola chiave del romanzo – e l’unico modo con cui i protagonisti possono progredire nella loro ricerca – sia ‘rottura’. Rottura in tante espressioni diverse (anche fisiche, in termini di scontri armati) che però culminano con una rottura sociale, con la rottura cioè di un ordine gerarchico basato su uno sfrenato elitarismo e sullo sfruttamento.

Il messaggio di Volponi è molto chiaro e il fatto che già suoni nel 1978, cioè più di quarant’anni fa, non ci dovrebbe permettere di dormire sonni tranquilli: proseguire lungo una strada di soprusi e di violenze, di sopraffazioni e di logiche economiche che informano ogni agire umano può portare solo alla catastrofe, la nostra catastrofe.

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