“Il labirinto delle nebbie” – Matteo Cavezzali

Un romanzo ambientato in un delta del Po dai contorni fantastici come Il labirinto delle nebbie di Matteo Cavezzali non si può proprio perdere.

In realtà, la lettura di questo giallo noir è stata all’inizio un po’ spiazzante.

Afunde, il paese in cui si svolgono le indagini dell’ispettore Bruno Fosco, ha i contorni irreali della Macondo di Garcia Marquez. E’ una comunità che vive su una terra circondata da una palude viva e misteriosa; un villaggio di case, chiesa ed osteria che ogni giorno sprofondano percettibilmente nella palude stessa. E’ una comunità formata da sole donne (escluso il prete e i conti Galanti, padre e figlio, proprietari dei terreni), perché tutti gli uomini sono andati in guerra e non ne sono più tornati.

Ed è proprio ad Afunde che viene brutalmente uccisa Angelina e, mentre l’ispettore Fosco indaga, la stessa macabra sorte spetta a Giovanna, un’altra giovane del villaggio. Chi è il mostro che uccide le ragazze del luogo? Il mistero assume contorni ancor più drammatici quando viene ucciso il giovane conte Tancredi Galanti e scompare la piccola Ada, figlia di Ardea, rapita sicuramente dal mostro.

A questo punto inizia una caccia all’uomo proprio nel labirinto delle nebbie, nel cuore della palude, in un mondo popolato da arcane ed ostili presenze. Protagonisti di questa ricerca l’ispettore Fosco, il suo sottoposto Della Santa, Pietro anarchico rivoluzionario che vive emarginato nella palude e l’indomabile Ardea. Il racconto diviene disorientante, di pagina in pagina, perché la realtà perde velocemente i suoi contorni, si smargina come un paesaggio di acque e cielo inghiottito dalla nebbia.

Abilissimo l’autore a mantenere per tutto il romanzo quest’aura di mistero irrisolto: anche quando tutto sembra portare ad una conclusione, anche quando razionalmente tutto sembra essere risolto, rimane sempre un dubbio che aleggia. Ma quello che è successo e che sta succedendo è accaduto veramente o è stato solo frutto di un incantesimo? C’è qualcosa di impenetrabile ma percettibile, un segreto comune, nei silenzi tra le case di Afunde.

Mi è piaciuto questo delta misterioso, arcaico, primitivo, senza tempo. Mi è piaciuta la scrittura di Matteo Cavezzali, rapida ma mai troppo incalzante, anzi a volte attenta e prudente come chi si muove tra le sabbie infide della palude.

Mi è piaciuta la definizione dei personaggi, con i loro profondi tormenti, i fallimenti, le paure, ma anche la capacità di riscattarsi, fosse solo per un attimo, prima che tutto abbia fine.

C’è un certo nihilismo che percorre le pagine di questo romanzo e in un noir ci sta tutto. Afunde è destinato a scomparire, inghiottito dal luogo e dal tempo, ma c’è anche una ripetitività degli eventi della vita, seppur nella loro drammaticità…

”Fosco sta rientrando un po’ brillo nella sua nuova abitazione quando una bambina lo ferma e lo trattiene per un braccio. E’ una ragazzina minuta, pallida e dai capelli biondissimi, che gli si rivolge facendo un verso strano e incomprensibile. – Non ti capisco. – Prendi questi – gli disse mettendogli in mano una manciata di semi. – Grazie, ma cosa dovrei farmene? – Mettili in tasca, così quando morirai cresceranno dei girasoli”.

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