L’anno prossimo verranno celebrati i trent’anni dalla barbara uccisione dei giudici Giovanni Falcone (23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (19 luglio 1992) per opera dei criminali mafiosi. Per quelli della mia generazione, il ricordo dei due giudici e del loro impegno è scolpito nella memoria, ma ai più giovani, spesso, i loro nomi non dicono molto.
A scuola si parla sovente di educazione alla legalità: il 2022 offrirà una buona occasione per incarnare questo concetto alla figura e all’opera di due nostri contemporanei che, in una Sicilia incancrenita dalla delinquenza organizzata, hanno scelto di stare dalla parte dell’onestà e della coerenza, consapevoli di pagarne, prima o poi, le conseguenze.
Molto si è scritto, da sempre, su Falcone e Borsellino. Ricordo solo Per questo mi chiamo Giovanni di Luigi Garlando o il recentissimo Non chiamateli eroi. Falcone, Borsellino e altre storie di lotta alle mafie di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso. Ma mi ha particolarmente impressionato, per originalità e semplicità di lettura, Da che parte stare di Alberto Melis.
Non si tratta di un libro storico, che ricostruisce l’attività investigativa e giudiziaria di Falcone e Borsellino, né di una indagine sugli attentati che portarono alla morte dei due giudici. L’idea originale di Melis, appassionato insegnante, giornalista e scrittore, è stata quella di ripercorrere l’infanzia dei due personaggi, cioè il percorso formativo, lento e progressivo, che li ha portati ad operare una scelta difficile e consapevole: stare dalla parte della legalità, in un ambiente in cui tutto portava più facilmente all’opposto. L’infanzia e la giovinezza di Falcone e Borsellino vengono ricostruite attraverso la testimonianza diretta delle sorelle Maria Falcone e Rita Borsellino, che da anni mantengono vivo il ricordo dei loro cari e li fanno conoscere soprattutto ai più giovani.
Melis racconta la normalità di due storie. Giovanni e Paolo erano due bambini come tutti gli altri, vivaci, birichini, con una particolare capacità a mettersi nei guai, che respirarono e maturarono un profondo senso della giustizia sociale e, parimenti, il rifiuto verso ogni forma di ingiustizia e disuguaglianza.
Melis è un narratore esperto, si sente nella sua prosa il piacere di raccontare e la consapevolezza del valore morale del proprio mestiere. Il libro si legge in un soffio e alla fine ti stampa sul volto un sorriso, lo stesso sorriso dell’anima con il quale Falcone e Borsellino sono diventati icone della giustizia.
Il senso di questo libro è racchiuso nell’epigramma iniziale, tratto da un romanzo di Dostoevskij: sappiate dunque che non c’è nulla di più alto, e forte, e sano, e utile per la vostra vita a venire, di qualche buon ricordo, specialmente se recato con voi fin dai primi anni…Se l’uomo può raccogliere molti di tali ricordi e portarli con sé nella vita, egli è salvo per sempre. E quand’anche un solo buon ricordo rimanesse con noi, nel nostro cuore, anche quello potrebbe un giorno servire alla nostra salvezza. Buona lettura.