“Contro il sovranismo economico” – A. Saravalle, C. Stagnaro

Il saggio di Stagnaro e Saravalle, per quanto condivisibile nei contenuti, ben documentato ed esauriente, non mi ha soddisfatto del tutto.

La diagnosi di alcuni mali dell’attuale sistema economico, infatti, non è seguita da una pars costruens altrettanto ben riuscita. Non è mai inutile criticare i limiti di statalismo, nazionalismo, dirigismo, protezionismo, unilateralismo e antiglobalismo, ma non basta. Bisogna offrire delle alternative. E quelle proposte da Saravalle e Stagnaro non sono, a mio parere, sufficienti.

Non basta, infatti, usare la ragione per combattere i mostri sopraelencati (d’ora in poi MSE), serve anche sostanza. Certo, io trovo molto convincenti le statistiche che spiegano i danni a lungo termine del protezionismo, ma posso immaginare che un operaio della Fiat in cassa integrazione la pensi diversamente (e voti di conseguenza). Insomma, bisogna considerare il fatto che le persone non sono atomi di razionalità fluttuanti nel nulla, ma esseri in carne ed ossa con bisogni concreti, sogni e speranze.

Questo non vuol dire scendere al livello degli estremisti (di destra o di sinistra non fa molta differenza dal punto di vista economico) e parlare “alla pancia delle persone”. Significa rendersi conto della realtà dei fatti e capire che dietro i numeri ci sono delle persone.

Questo problema è lo stesso dell’Unione Europea, citata spesso dagli autori come faro e detentrice della soluzione. L’Unione Europea è descritta come il baluardo contro i MSE, l’organismo garante della libertà economica, erede del neoliberismo del passato. Per carità, ammettiamo che sia vero, ammettiamo che sul serio l’Europa abbia questo ruolo di difesa della concorrenza e antidoto ai MSE. Non è ancora sufficiente, perché non ci si sente europei.

Se anche fosse vero che l’UE da Maastricht in avanti ha portato benessere e crescita economica in Europa, ha commesso l’errore imperdonabile di non scaldare l’anima degli europei. Quando sono nati gli stati nazionali, i cuori ardevano di amore per la propria nazione e la gente era pronta a dare la vita per essa. La nascita dell’UE invece è segnata dalla burocrazia, da accordi multilaterali, da un castello di carte che (per quanto condivisibile e lodevole negli intenti) non riesce ad appassionare.

Qui sta anche la grande differenza tra il neoliberismo classico e il neoliberismo che l’UE sostiene di difendere. Il neoliberismo classico era ancorato al concetto di nazione, voleva fornire ai propri cittadini benessere e libertà economica e rispondeva direttamente ai propri cittadini. L’UE, nei suoi organi e nella sua struttura di governo è fredda, asettica e distante. Può anche darsi che figure come Reagan, Blair, Thatcher e Clinton dicano le stesse cose che sostiene l’UE adesso (di questo si può tranquillamente discutere). Ma i leader sopracitati trascinavano in piazza delle folle, comunicavano le loro idee e ottenevano voti. Vi immaginate Juncker o Von der Leyen fare la stessa cosa?

Quale potrebbe essere la soluzione allora? I MSE non si sconfiggono solo con dati, statistiche e razionalità (per quanto io li adori). La disperazione si combatte con la speranza. La solitudine con la presenza di una comunità. La freddezza asettica della burocrazia con un tessuto sociale fervente, attivo e attento al prossimo. Nuovo umanesimo, nuovo rinascimento, personalismo… chiamatelo come volete. Forse da qui si può ripartire.

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