La malora, recensione del romanzo di Beppe Fenoglio

La malora è il secondo grande successo di Beppe Fenoglio dopo i Ventitrè giorni della città di
Alba
. L’autore piemontese, originario delle Langhe (dove è ambientato il romanzo), narra la vita sfortunata del giovane Agostino, protagonista e narratore in prima persona del libro. Agostino è costretto a fare il servitore presso la famiglia Rabino per poter resistere alla sua sfortuna di ragazzo povero. Un ruolo da protagonista nell’opera è senza dubbio svolto dalle Langhe. La zona in cui nasce Fenoglio stesso è descritta con grande maestria nella sua drammaticità e nel lavoro contadino di inizio ‘900.

Emerge nella descrizione dell’ambientazione anche il desiderio dell’autore di mostrare la vita
sociale del suo tempo, la vita di piccoli contadini proprietari terrieri e di servitori sfortunati come Agostino. Il protagonista di La malora è molto giovane e narra le vicende della sua famiglia: mentre la madre confeziona formaggi, il padre divide il lavoro tra i campi e la vendita dei prodotti. Tuttavia queste attività non portano al sostentamento della famiglia, che si vede dunque costretta a vendere la propria terra. Stefano, fratello di Agostino, parte militare e gestisce la terra del padre, non appena quest’ultimo muore in uno sfortunato incidente. Emilio, altro fratello del protagonista, intraprende invece la vita religiosa, frequentando il seminario.

Come detto, Agostino si vede costretto a svolgere la vita da servitore presso un altro contadino proprietario terriero più fortunato, Tobia. Durante i lunghi tre anni da servitore vedrà i figli di Tobia sistemarsi e allo stesso tempo si innamorerà della nuova servitrice di casa, Fede. Il suo amore viene ricambiato dalla giovane ma nonostante mille promesse e piani per il futuro i due non riusciranno a sposarsi perché la ragazza era già stata promessa ad un altro uomo. Dopo i tre anni, Agostino fa ritorno a casa, dove, rimasta solo la madre, viene a sapere dal parroco di famiglia che il fratello Emilio è ammalato di tisi. Il romanzo si chiude con una struggente preghiera della madre di Agostino che chiede di non morire prima del figlio Emilio.

La malora è raccontato con un tono decisamente ruvido, con un linguaggio dialettale, non sempre di facile comprensione, e che lascia ben poco spazio alla retorica. Fenoglio conosce bene i luoghi di cui parla nel romanzo perché sono i luoghi della sua giovinezza. Allo stesso modo conosce alla perfezione i personaggi suoi protagonisti. In questa cornice ci fornisce uno spaccato della vita contadina di inizio ‘900, una vita di stenti, all’insegna della sfortuna e in balia del destino, fattori espressi in modo impeccabile dallo scrittore piemontese che fa della sua esperienza un lascito per tutti.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.