“Fedeli a Dio e all’uomo” – M. Gentilini

L’Italia è una nazione che si dibatte costantemente tra retorica e menefreghismo. Può sembrare un paradosso, ma è in realtà una condizione estremamente logica. A seconda del periodo dell’anno lo stesso Paese (a volte persino la stessa persona) passa dall’usare il tricolore come carta igienica ai luoghi comuni sul “Paese più bello del mondo”. Siamo al tempo stesso un paese di merda e di ladri e un paese di civiltà e cultura. E questo non sorprende.

Non sorprende perché ogni cosa che non è fondata sulla verità è destinata ad essere superficiale e vuota. E la retorica patriottica di questi ultimi decenni (da entrambe le ali politiche) è incredibilmente vuota. Uno dei segnali che lo dimostrano sta nella dimenticanza da cui è avvolta la figura di Alcide De Gasperi. Un grande della storia che meriterebbe di ricevere la stessa devozione che gli Stati Uniti hanno per Lincoln o il Regno Unito per Churchill, De Gasperi è allegramente ignorato in patria. Nonostante il suo ruolo fondamentale nella ricostruzione post-bellica, nonostante il suo contributo alla creazione di un’Europa unita, nonostante abbia gettato le basi del Miracolo economico, il suo nome è ricordato di rado. Non è citato nel dibattito politico, non se ne parla quasi mai a scuola, non fa parte della cultura collettiva.

A mio avviso si tratta di un torto che andrebbe corretto e il saggio di Gentilini prova a fare proprio questo, rivelando, attraverso il carteggio privato con don Giulio Delugan, un altro aspetto della grandezza di De Gasperi. La sua forza interiore. Imprigionato, marginalizzato e ridotto alla fame durante gli anni del fascismo, De Gasperi non si arrende e non dispera, ma con umile perseveranza accetta questo momento di prova: “Caro Don Giulio, il mio peccato capitale fu nella vita la superbia e il Signore mi ha voluto punire; ma appunto perché crebbi orgoglioso quanto è duro oggi ricevere, chiedere, sentire l’obbligo”.

Fedele a Dio e quindi fedele all’uomo

La forza di De Gasperi dipende dal non sentirsi essenziale, dal non ricercare il potere, dal non bramare la ricchezza e il successo personale. Questi sono i veri demoni della politica e la fine di ogni ricerca del bene comune. Questi demoni si combattono con l’umiltà e la saggezza, proprie di chi sa che ci sono forze più grandi e cose più importanti di se stessi. Nelle parole di De Gasperi poco dopo l’uscita dalla prigione: “Voi che mi siete congiunti da tanta solidarietà spirituale, ricordatevi di me presso il Signore, affinché se così debba essere, affronti con coraggio il mio destino, faccia cioè né più né meno del mio dovere. Perché questo cammino della Croce è pur anche un cammino e quest’inerzia io mi lusingo che possa essere azione. Se soffrendo dignitosamente e virilmente darò buon esempio, se portando il peso che pur tocca a tanti meno sorretti da forze morali, porterò più in alto la fama della nostra idea, non è vero che anche tale servizio, umile ma tenace, sarà pure un servizio utile?”

Dovere, Croce, forza morale, servizio… queste sono le parole chiave che hanno risollevato l’Italia dopo la catastrofe della guerra mondiale e della guerra civile: perché non provarle di nuovo?

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