“Nessuna scuola mi consola” – Chiara Valerio

La scuola, nonostante sia un argomento che riguarda tutti, è stato il grande rimosso di decreti, provvedimenti e riflessioni dell’ultimo anno. Non credo questa rimozione sia dipesa dalle misure di contenimento del Covid 19, anzi, penso che, da un certo punto in poi, la scuola sia stata pensata come un settore non strategico per la cultura e l’economia italiana. Al pari della sanità e per una questione che potrebbe riguardare la massiccia presenza femminile.

A lanciare questa accusa è Chiara Valerio, in Nessuna scuola mi consola, romanzo scritto nel 2007, quando la Valerio era insegnante precaria di matematica, e ripubblicato poche settimane fa, con un’interessante postfazione dell’autrice.

Il libro, dunque, si divide in due parti molto nette. Il romanzo, Nessuna scuola mi consola, e la postfazione dell’autrice, intitolata Nessuna certezza mi consola, una sorta di saggio breve sul ruolo sociale della scuola e su quello degli insegnanti.

Il romanzo. La protagonista, la prof.ssa Alessandra Faggi, è una docente precaria sui generis, che ingaggia una lotta donchisciottesca contro la fredda burocrazia scolastica, fatta di interminabili verbali e montagne di scartoffie, contro i colleghi demotivati ed opportunisti, contro le ore di supplenza indesiderate, contro i genitori aggressivi, contro i collegi docenti interminabili, contro un dirigente distante e sempre in mille altre faccende affaccendato. Ne esce un quadro certo paradossale dell’ambiente scolastico, in particolare in alcune situazioni estreme, ma anche realistico e spietato.

La scrittura di Chiara Valerio è immediata, percorsa da una vena umoristica piuttosto amara. Quasi come in un flusso di coscienza, l’autrice mescola descrizioni, riflessioni e dialoghi: le frasi scorrono rapide, alcune giungono inaspettate, come pugni allo stomaco. Ecco l’incipit del romanzo: La prima vera esperienza della mia vita lavorativa è stato il collegio dei docenti. Io credo che il primo collegio dei docenti, come il primo bacio, stia in quel bagaglio di cui è possibile valutare il peso solo se lo hai tenuto sulle spalle almeno una volta nella vita. Quando ci saranno i tour operator per le esperienze autentiche o non prevedibili, ci sarà qualcuno che organizzerà le escursioni nei collegi dei docenti.

Quasi al termine del racconto… La seconda vera esperienza della mia vita lavorativa è stata lo scrutinio finale. Cruenta come un safari coi fucili caricati a pallettoni. Violento come i giochi romani, lo scrutinio finale è l’unico posto al mondo dove è ancora possibile sperimentare l’esperienza del pollice verso.

Impietosa la descrizione psicologica dello scrutinio finale: Lo scrutinio finale dura molto di più di uno scrutinio normale, perché ci sono molte più carte da produrre e perché è rallentato dalla nostalgia della fine dell’anno scolastico. I professori fanno un gran parlare di ferie ma in realtà non sono contenti di andarci. Il professore in ferie è come un cane abbandonato sulla strada e in effetti l’ultima riforma ministeriale, fraintendendo questa nostalgia, procede avanti tutta nell’eliminazione delle ferie. Corsi di recupero fino alla metà di luglio ed esami di riparazione a fine agosto. Io sono sempre stata allergica alle ferie quindi non mi lamento. E nemmeno gioisco perché certe volte sono pure allergica alla scuola. Ma mi meraviglia quanto in questo paese dove mestieri come lo scrutatore elettorale e il presidente di seggio sono lavori stagionali, le riforme scolastiche riguardino principalmente rimodulazioni orarie. I nuovi metalmeccanici insomma. Senza il fascino della tuta.

Il saggio con cui Chiara Valerio chiude il libro procede con la stessa schiettezza del romanzo: poche pagine, rapide a leggersi ma profonde, a tratti graffianti o liberatorie, come la massima provocatoria Mai più dare del professore a chicchessia. Professore è chi ci riesce.

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