“Il coraggio del pettirosso” – M. Maggiani

Scorre una forza particolare dentro le vene de Il coraggio del pettirosso (1995) di Maurizio Maggiani. È la forza del racconto, il potere – anche taumaturgico – che la narrazione ha sui suoi protagonisti, cioè il narratore stesso e gli ascoltatori. Raccontare cura l’anima e il corpo, spinge all’incontro e all’amore. Raccontare è un esercizio della memoria: permette di non dimenticare e di non invecchiare. Aiuta a vivere.

Il bel romanzo di Maggiani intreccia tanti racconti, tenuti insieme dal protagonista Saverio che si trova in ospedale per un crollo psichico che si è tradotto in abulia a seguito di un incidente durante un’immersione subacquea. La cura suggeritagli dal dottore è scrivere. Scrivere quello che gli passa per la testa: la sua storia e, soprattutto, i suoi sogni. È questo quello che leggiamo ne Il coraggio del pettirosso. L’autobiografia fittizia di un italiano nato ad Alessandria d’Egitto si mescola alla biografia/autobiografia del suo antenato Pascal, della sua gente e del paese dal quale proviene, il mitologico Carlomagno. Questa seconda dimensione vive solo nei sogni di Saverio e nei ricordi di chi ha sfiorato Carlomagno, pur senza arrivarci (come accade a Saverio stesso).

Tuttavia è proprio questa dimensione irreale e sospesa che permette a Saverio di ricominciare a vivere. È il porto sepolto che il protagonista deve raggiungere per ritrovare se stesso e la voglia di rialzarsi. Da un porto sepolto reale, quello di Alessandria d’Egitto e di Ungaretti (spesso nominato nel corso del romanzo), a un porto sepolto metaforico, quindi; il porto sepolto che è dentro tutti noi e che contiene quella linfa che dà sapore e senso alla vita di ognuno. Con il racconto di Saverio, Maggiani suggerisce al lettore che non può vivere davvero senza la piena consapevolezza e accettazione di se stesso. E che questa consapevolezza e accettazione di sé passa inevitabilmente attraverso il proprio passato, la propria storia. Attraverso il racconto che uno fa di se stesso e delle proprie origini.

E torniamo quindi al punto di partenza, al potere della narrazione che ci permette di formare la nostra identità e di dare senso e compiutezza alla nostra esistenza. E Il coraggio del pettirosso non smette mai di ricordarcelo.

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