“Rosso Floyd” – M. Mari

Rosso Floyd è un libro strano perché potrebbe solleticare maggiormente le corde di un non pinkfloydiano: è più quello che nasconde e sottintende di quanto invece rivela. Ma, del resto, così erano i Pink Floyd: un abisso di senso e di (molteplici) sensi dietro una apparente comprensibilità.

Tutto il libro ruota attorno a Syd Barrett, al suo esserci pur non essendoci ormai più e al tentativo di capire quanto di lui sia rimasto nei Pink Floyd. Per farlo Mari convoca a testimoniare, come fosse un processo, le decine di figure (alcune anche immaginarie) che hanno intercettato in un modo o nell’altro la parabola di Barrett o che con i Pink hanno avuto a che fare. Il risultato? Un canto corale – sospeso tra realtà e finzione – che non approda a soluzioni, ma che attesta come Barrett abbia sicuramente lasciato ai Pink Floyd più di quanto si possa credere.

Syd Barrett è la voce dei sogni che sussurra nelle orecchie di Waters e compagni. E, come quando ci risvegliamo da un sogno, così anche i brani dei Pink Floyd sono attraversati da un’elettricità di cui a volte non sanno chiarire l’origine. Poco male. Questo inconscio e quasi insondabile sostrato è ciò che ha contribuito alla loro leggenda.

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