“La civiltà della cicogna” – Luigino Bruni

Con La civiltà della cicogna. Un’indagine storico-teologica alle radici della meritocrazia, Luigino Bruni si dimostra veramente qual è: un intellettuale onesto e concreto, con una visione culturale di ampio respiro ed un pensiero critico ben radicato, personale, libero da pregiudizi ed ideologismi, che lo porta ad argomentare sempre in maniera sincera, stringente ed ineccepibile.

Economista, storico del pensiero economico, accademico, saggista, giornalista, con uno spiccato interesse per l’etica, la teologia e la letteratura, Bruni in questo libro entra con decisione su un tema che nelle ultime settimane ha sollevato un certo polverone, presto inspiegabilmente depositato e nascosto sotto il tappeto del silenzio: il merito e la meritocrazia.

Per Bruni, la meritocrazia sta diventando la nuova religione del nostro tempo, i cui dogmi sono la colpevolizzazione del povero e la lode per la diseguaglianza. Le sue radici si trovano nella storia delle religioni; la logica retributiva è infatti ben riconoscibile già nella Bibbia: il bene e il male, che l’uomo riceve dalla vita, sono il frutto del merito o delle colpe, sue o dei suoi padri.

E così, secondo Bruni, quell’antica idea di povertà-maledizione non è stata mai sconfitta; ha cambiato forme (disoccupazione, inefficienza, immigrazione…), si traveste e mimetizza (meritocrazia), ma è sempre più forte la sua capacità di convincerci che la povertà meritata degli altri non abbia nessun rapporto con le nostre ricchezze meritate, perché colpevolizzare le vittime è la più antica e semplice strategia per liberarci da ogni responsabilità. Caino docet.

Le società meritocratiche – poi – sono spietate. E la meritocrazia è oggi la legittimazione etica della diseguaglianza. Nel XX secolo, in Europa, abbiamo combattuto la diseguaglianza come un male; nel XXI secolo, è bastato cambiarle nome (meritocrazia) per trasformare la diseguaglianza da vizio a virtù pubblica.

Da leggere e rileggere, in modo particolare, alcuni capitoli del breve saggio, come Gli effetti della meritocrazia o Il tempo infinito della cura. Ma ogni capitolo de La civiltà della cicogna, ogni paragrafo, è come un lampo che squarcia il buio ed apre la mente a sempre nuovi pensieri.

Gratitudine è una parola essenziale. …Se manca un principio di gratuità assoluta nella fondazione della nostra vita a ricordarci che prima e dopo i meriti c’è un dono infinito, ogni meritocrazia diventa dittatura dei più forti sui deboli.

Interessantissima la seconda parte del saggio, in cui Bruni ripercorre la presenza del merito nella Bibbia, in modo particolare nel libro del Qohelet e in quello di Giobbe, con spunti di riflessione fulminanti. La fede buona e onesta è un bene pubblico, perché essere atei o non credenti in un dio reso banale dalle nostre ideologie, rende meno umani tutti.  O ancora…Se oggi le fedi vogliono fare casa all’uomo e alla donna del nostro tempo dal cielo vuoto, devono recuperare l’ombra dentro la luce di Dio, abitandola e attraversandola insieme ai tanti Giobbe che popolano il mondo.

Rapide pennellate di Luigino Bruni anche per le conclusioni: …il merito è una parola ambigua, raramente amica della gente e dei poveri…oggi dobbiamo almeno evitare che la sua logica diventi “la cultura” dell’intera vita sociale. …Le meritocrazie hanno un solo grande nemico: la gratuità, che temono più di ogni altra cosa perché scardina le gerarchie e libera le persone dalla schiavitù dei meriti e dei demeriti.

E come “memento” finale, Bruni ci ricorda che siamo più grandi dei nostri meriti, siamo migliori dei nostri demeriti.

A proposito: perché la “civiltà della cicogna”? Beh, in una recensione non è il caso di dire proprio tutto. Buone riflessioni.

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