“Tralummescuro” – F. Guccini

Tralummescuro, ultima fatica letteraria del poeta di Pàvana, è un romanzo strano, abbastanza (ma non del tutto) autobiografico. L’autore, infatti, indubbiamente attinge a piene mani alla fonte dei propri ricordi, ma  il narratore… chi è? Guccini stesso? Un vecchio saggio pavanese? Un fantasma del passato? Tralummescuro sembrerebbe a prima vista un’operazione nostalgia, condita con un pizzico di malinconia (un pizzico?)… ma non è certamente questa la chiave di lettura del romanzo. Guccini, infatti, è un intellettuale troppo acuto per ripercorrere la storia di un microcosmo appenninico solo per un banalissimo ed inveritiero “si stava meglio quando si stava peggio”. Ed onestamente, di saggi etnografici ce ne sono già molti, in ogni plaga del nostro Paese (mai abbastanza, ma molti sì). E allora, cos’è questo libro?

Una spia significativa appare, fin da subito, il linguaggio. Il romanzo è scritto in un italiano condito da parole ed espressioni dialettali: un “italiano pavanese”, come lo definisce l’autore. Ed ecco che, pagina dopo pagina, il cuore e la mente si aprono e la lettura si illumina. Tralummescuro è un bellissimo romanzo d’amore, un amore profondo, verso un mondo, una cultura, anzi una Civiltà, celebrata attraverso il segno più peculiare del suo esistere: la lingua parlata. Non è un caso che il libro sia corredato, anzi integrato, da un’ampia sezione definita “Voci del testo chiarite al popolo”. Pagina dopo pagina, mentre scende l’oblio su un mondo antico, fatto di tempi, rapporti, valori in via di estinzione (il paese al tramonto), Guccini inonda il lettore di una saggezza vivendi, senza tempo e senza luogo.

Allora si scopre, alla fine, chi è il narratore nascosto: è l’uomo, al di là delle forme dettate dalle stagioni della vita e della storia. L’uomo, nella sua sostanziale umanità. L’uomo, che parla della caducità di tutte le cose, ma anche di una ciclicità della vita, che magari cambia percorsi (nel libro ci sono spesso e materialmente due strade, una vecchia, percorsa dal narratore, e una nuova), ma che in forme diverse continua a perpetuarsi.

E, alla fine, c’è anche, probabilmente, il vero senso di questo libro: ora che con Guccini l’italiano pavanese è divenuto lingua scritta, la letteratura ha adempiuto il suo ruolo, eternando una Civiltà e la sua eredità morale. Tralummescuro è un libro non solo da leggere, ma da rileggere, con lentezza.

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