“Pio XII e gli ebrei” – J. Ickx

Esistono pochi poteri più grandi del controllo della storia. Ossia, la capacità di tramandare gli eventi storici, avvolgendoli nella propria particolare visione del mondo, finché decenni e secoli di sedimentazione non avranno eliminato ogni aura di faziosità trasformando la propria narrazione in verità oggettiva. Un esempio? Per anni dopo la loro morte gli imperatori più amati a Roma rimasero Caligola e Nerone. Sì, proprio i due folli degenerati contro cui tanto si accanisce la storia. Come mai questo? Perché ad amare Nerone e Caligola (e beneficiare delle loro politiche) era il popolo ignorante, mentre a opporsi era il senato (al cui ceto appartenevano gli autori delle storie che oggi leggiamo).

Ecco perché è fondamentale lottare per la verità e non accettare delle narrazioni storiche faziose, specie nel caso di episodi controversi. Questo è l’obiettivo del saggio di Ickx: gettare luce su uno dei momenti più bui della storia umana e farlo attraverso documenti di prima mano. Il ruolo di archivista vaticano consente, infatti, all’autore di entrare in contatto con la sconfinata mole di documenti ufficiali, note, diari personali, fogli sparsi (insomma: carte di qualsiasi tipo!) prodotte in Vaticano durante la seconda guerra mondiale. L’obiettivo? Chiarire il ruolo del Vaticano e di papa Pio XII in rapporto alla guerra e al massacro degli ebrei.

Il saggio riesce perfettamente nel suo intento. Quando si opera sulla base di fonti archivistiche è fondamentale la selezione: il mare magnum di informazioni e dettagli deve essere organizzato e condensato in modo che sia fruibile. La scelta dell’autore di scrivere tante piccole storie con diversi protagonisti e diversi esiti è vincente: cattura l’attenzione dei lettori, restando al contempo fedele ai dati storici. Il dramma delle vittime, i tentativi di aiuto, le peripezie della guerra, gli intricati rapporti diplomatici sono protagonisti del saggio di Ickx e ritornano in ogni racconto.

Pio XII pronto a parlare al mondo in uno dei suoi celebri radiomessaggi

Va bene: ma il succo qual è? Il papa e il Vaticano sono stati complici silenziosi o cauti oppositori del nazismo? Il bello del saggio è che Ickx non risponde a questa domanda. O meglio, lo fa, ma la sua risposta non è vincolante. La strategia del papa è molto chiara e le fonti d’archivio la rivelano nella sua interezza: ammantarsi dietro un velo di imparzialità e lavorare per salvare il maggior numero possibile di persone attraverso un fitto intreccio di contatti diplomatici e azioni clandestine. Più volte papa Pacelli e il suo “bureau” di fedelissimi dà mandato ai nunzi papali di agire e protestare veementemente contro le brutalità naziste; più volte i segretari del papa si muovono per permettere a diversi perseguitati di ottenere visti per fuggire all’estero (talvolta con successo, talvolta meno). Al contempo il Vaticano svolge un’attività sommersa di aiuto nei confronti di molti perseguitati (ebrei e non), nascondendoli in monasteri, chiese e altri edifici ecclesiastici, rifugiandosi dietro l’extraterritorialità ecclesiastica e l’inviolabilità pontificia.

Questi sono i fatti. Il resto sono opinioni. Opinioni che, per come la vedo io, possono essere di due tipi: da un lato chi elogia la prudenza del Vaticano, che gli ha permesso di lavorare nell’ombra per salvare segretamente la vita di migliaia di persone; dall’altro chi condanna l’inazione del papa e avrebbe voluto delle condanne aperte del nazismo e dei suoi crimini da parte della Chiesa. Ickx sposa la prima linea di pensiero e, personalmente, mi sento di fare altrettanto.

A mio vedere (e sono alcuni anni che mi interesso a questa questione storica) papa Pacelli e i suoi collaboratori hanno svolto un’attività quasi miracolosa. Miracolosa per i risultati e per il contesto in cui è avvenuta. Migliaia di ebrei e perseguitati politici sono stati salvati per l’intervento diretto del Vaticano, che li ha fatti emigrare all’estero quando possibile o li ha tenuti nascosti per mesi nelle proprie strutture. Tutto questo in un’Europa sotto il dominio nazista, ideologia da sempre ostile alla Chiesa e al cristianesimo e che non aspettava altro che un passo falso del papa per occupare il Vaticano e fare piazza pulita delle gerarchie ecclesiastiche (come già aveva fatto in Polonia). È straordinario come la fine diplomazia di Pio XII e dei suoi collaboratori sia sempre riuscita a navigare quella linea sottile che gli permettesse di protestare contro i crimini tedeschi, ma senza mai oltrepassare il segno ed esporsi a ritorsioni che avrebbero limitato la propria libertà d’azione.

Chi la pensa diversamente deve dimostrare cosa avrebbe potuto ottenere di più e meglio il Vaticano con una protesta aperta. Il papa avrebbe salvato più ebrei scrivendo un’enciclica contro Hitler o denunciando i campi di sterminio? Mi sembra una posizione difficile da sostenere. Di fronte a un regime sanguinario e anticattolico (del resto un autentico totalitarismo non può che essere anticattolico), una protesta aperta non avrebbe fatto altro che togliere agli ultimi e ai perseguitati l’ultima zattera di salvezza rimasta loro: la Chiesa Cattolica. E del resto, molto spesso le proteste non sono che l’alibi morale di chi non fa nulla: chi agisce riesce a dormire con la coscienza tranquilla senza bisogno di farsi notare.

Papa di Hitler o papa contro Hitler? Voi cosa ne pensate?

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