Che cosa significa leggere?

Una volta tanto mi distacco dal libro letto per parlare di libri letti. Una riflessione, quindi, che dal particolare muove verso il generale. Per quale motivo? Per cercare di definire il senso della lettura, per rispondere alla domanda in cui forse tutti i lettori si sono imbattuti almeno una volta nella vita: perché leggiamo?

In un mondo completamente e, a volte, esageratamente digitalizzato, prendere in mano un libro per nessun motivo contingente può essere un atto stupido o rivoluzionario. Oppure stupido e rivoluzionario: del resto, che cos’è la rivoluzione se non il trionfo della sregolatezza? Oggi aprire un libro per il semplice gusto della lettura è un gesto stupido, che non ha nessuno scopo pratico. Nel nostro presente finalizzato all’utile concreto, leggere per leggere è inutile. Perché allora ci ostiniamo a farlo?

Possiamo prendere tutte le diverse risposte che ognuno di noi può dare alla domanda, buttarle in una centrifuga, shakerarle per bene ma non arriveremmo a una sintesi. Semplicemente, non esiste la risposta, ma tante personali motivazioni. Personalmente, leggo per scappare. Sì, leggo anche per farmi un’idea di quello che succede attorno a me. Dicendo questo, non voglio lasciare intendere che leggo solo saggistica: un romanzo russo di duecento anni fa può darmi molti più strumenti per tradurre il mio presente di un saggio sociologico contemporaneo. Ma essenzialmente leggo per scappare dalla realtà e per continuare a credere che possa esisterne un’altra di realtà, altre dieci, altre cento. Cerco la “multiversità” nella lettura.

Come fosse una droga, non posso fare a meno della sensazione di onnipotenza suscitata dall’idea di poter correre senza soluzione di continuità dalla Roma di Cicerone alla Terra Libera di Burroughs, dall’Italia vista da Goethe alla Francia di Baudelaire, da Hobbiville a Winterfell, dagli universi di Asimov alla distopia di Orwell. Saltare da un mondo all’altro o tra modi diversi di vedere lo stesso mondo è esaltante. Ho appena letto un saggio di matematica rivoluzionaria scritto da Chiara Valerio, sto leggendo una raccolta di racconti di Marquez e a breve comincerò una riflessione sulla possibilità di essere fascisti intelligenti e sulla scuola. Qual è il filo conduttore tra questi libri? Nessuno, non esiste. E, in fondo, è questo il bello: una volta tanto non deve per forza esserci un senso o un fine dietro le cose. Leggo per scappare e, quindi, anche per essere libero, perché la lettura è anche libertà. Deve esserlo.

Spero che la riflessione mossa dalla domanda nel titolo non si esaurisca a questo articolo. Lancio una sfida, se possibile. Una sfida a tutti i contributors del blog e a tutti i lettori che volessero accettarla. Che cosa significa leggere? Bastano una parola o poche righe. Per me la lettura è… Continuate voi!

2 Replies to “Che cosa significa leggere?”

  1. Corrado Ferri

    Per me la lettura è…un anticipo di eternità, vivere tutte le vite del mondo, incontrare i vizi e le virtù di migliaia di altri uomini, nelle loro storie eccezionali-quotidiane, e così conoscere meglio me stesso e cercare di imparare la tolleranza, la temperanza, la leggerezza, il distacco.

    • ferrifamilybooks

      “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni”, diceva Eco. Potremmo aggiungere: e avrà imparato dalle 5000 vite vissute, distillandone l’essenza per renderla guida per il proprio presente. Ottima osservazione!

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