“Inni Sacri – Tragedie” – A. Manzoni

Viviamo in un periodo storico pieno di gente straordinaria, persone di altissima fibra morale che, oltre a splendere per tutti noi come esempi da seguire, contribuiscono a rendere il mondo un posto migliore purificando la memoria collettiva e raddrizzando i torti del passato, una statua alla volta. Efferati criminali come George Washington, Frederick Douglass, Abraham Lincoln e Winston Churchill finalmente devono affrontare il giudizio della storia e pagare per quello che hanno fatto.

Che ha a che fare tutto questo con Manzoni? Cercando di moderare (almeno un filino) il sarcasmo, Manzoni dovrebbe essere uno dei massimi rappresentanti di quella mentalità del passato che la moderna iconoclastia vuole combattere. Penso che mi si possa perdonare, allora, lo stupore quando leggo un tale figuro scrivere, nell’inno dedicato alla Passione, che il sangue di Cristo invocato sugli ebrei non è motivo di colpa, senza la minima traccia di anti-giudaismo:

Sì, quel Sangue sovr’essi discenda;

ma sia pioggia di mite lavacro:

tutti errammo; di tutti quel sacro-

santo Sangue cancelli l’error.

Ancor più sorprendente, poi, la posizione di Manzoni sulla guerra. Di certo un integralista cattolico, noto sostenitore di ideali nazionalisti risorgimentali, non poteva non vedere gli altri popoli e le altre etnie come inferiori, vero? Vediamo un po’ che dice nel Conte di Carmagnola:

Tutti fatti a sembianza d’un Solo,

figli tutti d’un solo Riscatto,

in qual ora, in qual parte del suolo,

trascorriamo quest’aura vital,

siam fratelli; siam stretti ad un patto:

maledetto colui che l’infrange,

che s’innalza sul fiacco che piange,

che contrista uno spirto immortal.

Bene. Lasciando definitivamente da parte il sarcasmo, la lettura di Manzoni è utile almeno per due motivi. Primo, perché fa capire che il progresso morale dell’Occidente non è iniziato l’altro ieri, ma ha una tradizione millenaria alle spalle; secondo, perché dimostra, ancora una volta, che nel dubbio, nell’incertezza, nell’indignazione, nella rabbia, la cosa migliore da fare, forse, è prendere in mano un libro.

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