“Igino Giordani. Un eroe disarmato” – A. Lo Presti

Igino Giordani è un universo. Un uomo che ha vissuto almeno dieci vite in una. Eroe di guerra. Antifascista. Studioso. Accademico. Giornalista. Polemista. Politico. Deputato. Padre di quattro figli. Religioso. Cofondatore del movimento dei Focolari. Insomma, una vita piena di attività e successi personali, sia professionali che familiari. Leggere la sua biografia suscita quel sentimento a metà tra ammirazione incredula e desiderio di emulazione che solo i grandi della storia riescono a stimolare. Eppure, forse questo modo di approcciarsi alla vita di Giordani non è quello più giusto e costituisce quasi un “tradimento” o “malinteso” della sua esistenza.

Questo perché, se emerge qualcosa di fondamentale dalla vita di Giordani, è che non conta quello che si fa o quello che si ha, ma quello che si è. In un mondo occidentale smarrito, tutto concentrato sui segni esteriori e frammentato in guerre interne, feroci e insensate, l’insegnamento forse più rivoluzionario di Giordani è questo: l’unica cosa fondamentale è il proprio essere e questa essenza deve coincidere con l’amore. Tutti i successi. Tutto il benessere materiale. Tutta la profondità intellettuale. Tutto è niente se non si cresce nell’amore.

La convinzione di Giordani, lungi dall’essere superficiale, ingenua o buonista è radicata nella millenaria tradizione della Chiesa. Fin dalla lettera paolina ai Corinzi:

Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. Se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.

La cosa più importante della vita di Giordani, allora, non sono i libri che ha scritto (pur se sopraffini e ricchi di cultura), non sono nemmeno i suoi articoli di giornali (anche se impegnati in battaglie sociali cruciali) né l’impegno parlamentare (anche se coerente e profetico); no, la cosa più importante della vita di Giordani è stata la sua capacità di amare Dio e il prossimo. La sua capacità di essere un marito fedele e un padre presente; la sua capacità di non odiare gli avversari politici e di non vendicarsi nemmeno dei fascisti che l’avevano perseguitato; la sua capacità di ascoltare e consigliare; la sua capacità di accettare acciacchi fisici, sofferenze morali e umiliazioni personali.

Forse la grande colpa dell’Occidente e l’origine della sua crisi esistenziale dipende dall’aver dimenticato questa sacrosanta verità. Che senza carità non possono esserci verità, giustizia e pace. E che questa Carità, lungi dall’essere un’idea astratta o un sentimento vago, è una Persona reale in carne ed ossa e vive nella concretezza dei gesti, degli sguardi e delle parole di ogni uomo. Questa Persona viene prima ed è fonte del diritto e dei diritti, è il fulcro di ogni giustizia e armonia sociale, è l’antidoto ai particolarismi e all’avidità, è la meta ultima di ogni progresso degno di questo nome, è il baluardo contro la perdita dell’uomo e del senso della vita, è l’ovile sicuro in cui conservare tutto ciò che di bello, buono e vero l’umanità abbia prodotto.

Ecco. Forse così si inizierebbe a fare giustizia alla vita di Igino Giordani…

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