“Fiori affamati di vita” – Veronica Yoko Plebani

Che libro ha scritto Veronica Yoko Plebani, una ragazza di 25 anni, una donna, che rende riduttiva qualsiasi definizione le si voglia attribuire!

Veronica ha due vite: una “normale”, fino al 27 aprile 2011, giorno in cui contrae una meningite fulminante batterica alla quale sopravvive, dopo una lunga degenza, con il corpo ricoperto da cicatrici e perdendo le falangi delle mani e le dita dei piedi; una seconda vita “straordinaria” (ma per lei ancora più “normale”), in cui dedica corpo e anima allo sport, come sfida ai propri limiti – diremmo noi -, ma in realtà come sfida ad ogni limite, come continua ricerca espressiva delle proprie potenzialità.

E’ così che Veronica, a pochi mesi dalla malattia che avrebbe distrutto psicologicamente ogni quindicenne, partecipa alla maratona di New York e negli anni a venire diventa una campionessa di paracanoa (non aveva mai pagaiato prima del 2011) e di snowboard, disciplina nella quale gareggia addirittura ai giochi paraolimpici invernali di Sochi 2014. Il palmares sportivo di Veronica è impressionante, ma non contenta di tutto ciò, dopo aver gareggiato alle paraolimpiadi di Rio de Janeiro, la giovane atleta, nel 2017 si avvicina alla pratica del paratriathlon, che riunisce le discipline di nuoto, ciclismo e corsa. In tale specialità, Veronica partecipa, nell’agosto scorso, alle paraolimpiadi di Tokio, portandosi a casa una bellissima medaglia di bronzo.

Basterebbe raccontare questa storia, per ricavarne un libro interessante, ma non è questo che Veronica Yoko fa in Fiori affamati di vita.

Il suo racconto è molto più intimo, personale, profondo, focalizzato non tanto sugli eventi, ma sui sentimenti: quasi un flusso di coscienza, in cui l’autrice descrive prima di tutto la propria anima, i propri sogni di adolescente e poi di giovane donna, che non crollano con la malattia, ma semplicemente cambiano percorso, pur restando immutati. E’ un flusso di coscienza che diviene presa di coscienza: di sé, della realtà, della vita.

Quello che Veronica Yoko è riuscita a ricavare dalla propria storia è un autentico romanzo di formazione; non le eroiche vicende di una disabile, ma la “fame di vita” che accomuna ogni adolescente, ogni giovane, ogni persona.

Ecco, proprio qui sta la straordinarietà di questo romanzo: Veronica ha trasformato il particolare in universale.

E poi, la scrittura. Veronica Yoko scrive da autrice consumata. La sua prosa è semplice, diretta, schietta come lei, senza perifrasi o giri di parole; il racconto si snoda fluido, l’intreccio abilmente dosato. Le persone che popolano la sua storia – lo zio Laerte, il nonno, mamma e papà, l’amica Lu, Elio – sono figure reali, ma al tempo stesso particolari, addirittura quasi mitologiche, comunque appartenenti ad un’altra dimensione.

Fiori affamati di vita è un libro che non commuove – forse è questo il suo pregio più grande: non c’è pietismo tra le pagine di Veronica, perché non c’è contrapposizione normalità/diversità o abilità/disabilità. Siamo tutti, ugualmente, allo stesso modo, seppur in forme diverse, dei “fiori affamati di vita”.

Un consiglio. Leggete questo libro con calma, magari a Natale, quando avrete qualche giorno da trascorrere in serenità: ne vale la pena.

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