“Fame d’aria” – Daniele Mencarelli

Che romanzo ha scritto Daniele Mencarelli con Fame d’aria! Che romanzo!

La storia è semplice. Tra colline di pietra bianca, tornanti, e paesi arroccati, Pietro Borzacchi sta viaggiando con il figlio Jacopo. D’un tratto la frizione della sua vecchia Golf lo abbandona, nel momento peggiore: di venerdì pomeriggio, in mezzo al nulla. Per fortuna padre e figlio incontrano Oliviero, un meccanico in pensione, alla guida del suo carro attrezzi, che accetta di scortarli fino al paese più vicino, Sant’Anna del Sannio. Quando Jacopo scende dall’auto è evidente che qualcosa in lui non va: il suo sguardo è vuoto, il passo dondolante, la mano sinistra continua a sfregare avanti e indietro sui pantaloni. In attesa che Oliviero ripari l’auto (non prima di lunedì), padre e figlio trovano ospitalità da Agata, proprietaria di un bar che una volta era anche pensione: è proprio in una delle vecchie stanze che si sistemano Pietro e Jacopo. Sant’Anna del Sannio, poche centinaia di anime, è un paese bellissimo in cui il tempo sembra essersi fermato, senza futuro apparente, come tanti piccoli centri della provincia italiana. Ad aiutare Agata nel bar c’è Gaia, il cui sorriso è la perfetta sintesi del suo nome: sarà proprio lei, con la sua spontaneità, ad infrangere ogni apparenza. Perché Pietro, padre di un figlio autistico a basso funzionamento, bassissimo, è un uomo che vive dentro l’inferno. “I genitori dei figli sani non sanno niente, non sanno che la normalità è una lotteria, e la malattia di un figlio, tanto più se hai un solo reddito, diventa una maledizione.” Ma la povertà non è la cosa peggiore. Pietro lotta ogni giorno contro un nemico che si porta all’altezza del cuore: il disamore, per tutto. Un disamore che sfocia spesso in una rabbia nera, cieca, irrazionale. Il dolore di Pietro, però, si trova di fronte a qualcosa di nuovo e inaspettato: Agata, Gaia e Oliviero sono quella parte di umanità che ancora resiste, fatta il più delle volte di un eroismo spontaneo ed inconsapevole.

Fame d’aria è la storia che solo un poeta come Mencarelli poteva raccontare. Non è neppure un vero e proprio romanzo, è uno squarcio d’anima sull’abisso del dolore e – come ci ha abituati l’autore de La casa degli sguardi – sulla ricerca di un senso ad ogni insostenibile spigolo della nostra esistenza.

In Fame d’aria c’è tutto: la vita, la morte, la malattia, Dio, la disperazione, l’amore, l’ascolto, l’assurdità, la bellezza, la solitudine, la condivisione. Tutto esplode in un fine settimana, in un luogo dimenticato dagli uomini, ma forse non dalla speranza, sempre fragile ma insopprimibile.

Forse… perché il romanzo non ha un vero e proprio finale e la pioggia che batte incessante sui corpi dei protagonisti ha ben poco del suo simbolismo purificatorio, anzi appare più come un pianto impotente del cielo o addirittura una frattura fra un presente disperatamente reale ed un futuro incerto ed imprevedibile.

Fame d’aria è la prova che in Daniele Mencarelli vive un vero artista, un poeta, un pensatore lucido e sensibile: un attento osservatore che sa far aderire la propria anima ai sentimenti e alle emozioni più profondi di ogni uomo.

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