“Cambiamo la scuola” – C. Foà e M. Saudino

Per una curiosa coincidenza ho letto anch’io negli ultimi giorni un libro dedicato alla scuola e al suo auspicabile cambiamento. Dopo la La scuola ci salverà di Dacia Maraini, oggi tocca a Cambiamo la scuola, scritto a quattro mani da Chiara Foà e Matteo Saudino. È un libretto piccolo piccolo, quasi un pamphlet, da leggersi tutto d’un fiato.

Innanzitutto, va detto che Foà e Saudino sono due insegnanti, per cui conoscono profondamente la realtà di cui parlano. L’esigenza di cui si fanno portavoci acquista un tono di urgenza maggiore proprio perché proviene dall’interno del mondo della scuola e non da un osservatore esterno e quindi meno coinvolto. Questo punto di osservazione privilegiato rende il libro pregnante pur nella sua brevità. Cambiamo la scuola condensa in poche pagine tutto il marcio della scuola, senza perdersi in troppe divagazioni teoriche e sterili.

Il libro è idealmente diviso in due parti: una pars destruens e una pars construens, entrambe “raccontate” attraverso una metafora. Nel primo caso, Foà e Saudino parlano di “scuola dell’Hydra”, una scuola soffocata dalle maglie della burocrazia, più simile a un’azienda che a un luogo in cui si può crescere e formarsi. Una scuola in cui a insegnanti, studenti e studentesse, personale ATA e genitori viene chiesto di rendicontare ogni cosa continuamente, in cui «la creatività lascia spazio all’esecuzione, la passione alla monotonia e il ragionamento critico al pensiero unico obbediente».

A questa scuola Foà e Saudino contrappongono la “scuola vitruviana”, in grado di riportare al centro dell’attenzione l’individuo. Il sottotitolo del libro è infatti questo: “per un’istruzione a forma di persona”. E proprio la persona deve tornare a essere protagonista di un percorso di crescita fondato sulla «curiosità, sulla meraviglia e sulla scoperta» in modo tale da «realizzare l’emancipazione umana a partire dalle proprie inclinazioni naturali». In questa prospettiva, un ruolo centrale spetta soprattutto agli insegnanti, che devono staccarsi dai programmi, dall’ansia della valutazione e dalla didattica frontale per entrare «sempre più in gioco nel processo di apprendimento» grazie alle relazioni (anche emotive) che nascono con chi hanno di fronte.

Tutto molto bello, certo. Ma poi questo concretamente come si applica? Foà e Saudino non lasciano il loro discorso al livello di una vaga utopia, in cui è chiaro qual è il traguardo ma non sono affatto chiare le tappe per raggiungerlo. Le ultime pagine di Cambiamo la scuola danno delle indicazioni pratiche sulla direzione verso cui la scuola dovrebbe incamminarsi per accompagnare il cambiamento che i due insegnanti auspicano: riduzione del numero di studenti per classe, assunzioni, lezioni pomeridiane, investimenti… Sono chiari, semplici suggerimenti. La riforma della scuola non passa attraverso una rivoluzione, se non mentale (e, quindi, culturale). Per il resto, “bastano” piccoli passi.

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