“Babajé. Il richiamo dei bambini invisibili” – Francesco Romagnoli

E’ una storia commovente quella che Francesco Romagnoli racconta in Babajé. Il richiamo dei bambini invisibili, ma soprattutto è una storia vera, perché ci fa rivivere un’esperienza personale, drammatica e fantastica nello stesso tempo.

A trent’anni, Francesco Romagnoli, una laurea in Economia e Commercio, una brillante benché poco gratificante carriera nello studio di commercialista della famiglia, incontra l’Etiopia e ne rimane folgorato: tanta è la bellezza, naturale ed umana di quella terra, quanto il dolore e la miseria. Non può restarne indifferente.

Ad interrogare la sua coscienza sono soprattutto i bambini, orfani di guerra, senza più nessuno al mondo, abbandonati a se stessi fin dalla più tenera età… invisibili. Romagnoli comprende che non basta un generico aiuto, ma occorre qualcosa di più: le persone che incontravo non avevano bisogno solo di compassione. La compassione può saziarti il cuore ma non lo stomaco, può guarirti l’anima ma non le malattie, di compassione si può vivere, ma di sola compassione lì si moriva. E’ così che ad Adwa, in una delle aree più povere e martoriate dalla guerra di tutta l’Etiopia, Romagnoli acquista un terreno con l’intento di far nascere “Il villaggio dei bambini”. E così, seppure tra mille traversie, accade.

In vent’anni, il villaggio non solo ospita centinaia di bambini ed offre lavoro a decine di persone, ma diventa anche un centro contro la denutrizione, una scuola, un ospedale.

Grazie al sostegno di un’associazione, “James non morirà”, gestita in Italia dai genitori di Romagnoli, Francesco potrà far costruire strade, pozzi e dar vita a decine di altre iniziative.

Tanto lavoro sarà spesso vanificato dalla guerra: quello che era stato costruito con anni di sacrificio a volte sarà distrutto in poche ore dagli eserciti, ma niente andrà mai veramente perduto.

Tutti gli invisibili raccolti in questi anni, orfani, figli della violenza, bambine costrette a prostituirsi per i soldati, sono stati registrati presso le autorità locali e, per una legge etiope, hanno preso come cognome di nome del loro affidatario. Pertanto, in un piccolo villaggio del nord dell’Etiopia vivono oggi centinaia di bambini e di ragazzi che accompagnano il loro nome con il cognome “Francesco”. E quando Romagnoli varca il cancello del Villaggio dei bambini di Adwa, tra risa e canti risuona per lui il grido “Babajé!”, che significa “papà mio”.

Con uno stile semplice, quasi fosse una storia raccontata agli amici più intimi, Francesco Romagnoli ci fa rivivere un’avventura folle e straordinaria che non può lasciare indifferenti.

Consiglio di visitare il sito dell’Associazione all’indirizzo https://jamesnonmorira.org/ per avere ulteriori informazioni sulle iniziative e sui progetti che essa promuove e sostiene. Anche il ricavato della vendita del libro vengono devoluti all’associazione.

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