“Decameron: quarta novella della terza giornata” – G. Boccaccio

Il Decameron è l’opera più celebre di Giovanni Boccaccio e una delle più importanti della letteratura italiana. Scritto nel XIV secolo – probabilmente tra il 1349 e il 1351-53 – raccoglie cento novelle, suddivise in dieci giornate. Boccaccio offre uno spaccato della società dell’epoca, unendo i valori dell’aristocrazia (come l’amor cortese) a quelli del ceto mercantile (come l’astuzia). Il libro racconta di dieci giovani che si ritirano in una tenuta di campagna poco lontano da Firenze per sfuggire dalla peste nera, che si sta diffondendo in tutta Europa. Per non annoiarsi, decidono di raccontare delle novelle, spesso di taglio umoristico e a sfondo erotico o ironico nei confronti delle istituzioni dell’epoca: per questo il Decameron fu a lungo censurato.

La quarta novella della terza giornata è raccontata da Panfilo. Racconta di Puccio, un uomo ricco e dedito alle pratiche spirituali, che un giorno decide di diventare frate e di donare tutti i suoi averi al monastero francescano che si trova non molto lontano dalla sua abitazione. Così facendo però comincia a trascurare la moglie e i figli. Un giorno capita in paese un monaco di ritorno da Parigi che presto si innamora di Elisabetta, la moglie di Frate Puccio. Per poter stare in casa con lei senza che l’amico si insospettisca, gli promette di mostrargli una via veloce per raggiungere la santità. La via consiste in una grossa penitenza: tra le molte cose anche il non poter toccare la moglie o altre donne per quaranta giorni. Passa la penitenza e il frate non si accorge di nulla, mentre il monaco giace felice con la moglie.

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